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Intervista con Jina Bacarr
Intervista a Jina Bacarr, autrice di “Passioni di una Geisha”, la storia intrigante e sensuale di una donna americana che diventa  geisha nel Giappone del diciannovesimo secolo.


TRAMA:
“In Giappone l'estate di quel 1892 si annunciò con piogge abbondanti. Pioggia del Susino, la chiamano i giapponesi, perché giunge quando i frutti sono turgidi di polpa dolce, polpa ricca di promesse. Come una ragazza sul punto di diventare donna. Una ragazza come me.”
Nell'antica tradizione giapponese dietro la bellezza, la grazia e le fantasie erotiche si celano segreti a cui possono accedere pochi e che sono banditi a qualunque straniero. Ma quando il padre viene minacciato e la sua stessa vita è in pericolo, la giovane Kathlene Mallory viene mandata a vivere al sicuro in una nota casa da tè di Kyoto dove ha occasione di scoprire il sensuale e misterioso mondo delle geishe. Durante gli anni di apprendistato nell'arte di compiacere un uomo, i desideri di Kathlene sono risvegliati dalla promessa di infiniti piaceri fisici, e lei si impegna per il rituale finale che coronerà il suo sogno di diventare una geisha, la vendita della sua verginità. Tuttavia l'uomo che vuole pagare per tale onore, il barone Tonda, non è quello per cui Kathlene ha una passione segreta, ma è colui che porterà alla rovina la casa da tè e metterà in pericolo la stessa Kathlene, se sarà deluso...
Passioni di una geisha è un romanzo che accompagna il lettore nel mondo sensuale della cultura delle geishe.

Jina Bacarr

Fra le più affermate conoscitrici dell'arte giapponese del sesso sulla quale ha scritto saggi e articoli per riviste. In passato ha lavorato come consulente per il Giappone alla KCBS-TV e alla MSNBC, e aveva un suo programma radiofonico settimanale intitolato “Dalla parte della trasgressione”: il lato più piccante dei libri. Vive nella California del Sud. "Jina Bacarr sa condensare pillole di saggezza amorosa e tecniche di meditazione erotica in una trama avvincente, senza dimenticare le radici occidentali del lettore." Publishers' Weekly

D: Jina, donna del mistero!, raccontaci qualcosa di te. Cosa ti ha portato a scegliere di diventare una scrittrice? Si tratta di un desiderio a lungo coltivato o si è manifestato all'improvviso, in un determinato momento della tua vita?

R: Sono stata bambina in un'epoca in cui la vita si respirava attraverso la bellezza dei fiori e lo scorrere dei fiumi e l'unico timore era che un coniglio o una lucertola ti tagliassero la strada. Mentre camminavo nei boschi in cerca d'avventura, furono proprio loro i primi protagonisti delle mie storie. Le favole sono state la mia prima fonte di ispirazione per viaggiare in paesi a me sconosciuti nei quali trovare un posto tutto per me. Le mie storie sono sempre state popolate da personaggi femminili alle prese con folli avventure. Ho vissuto in diverse parti del mondo, per questo le mie avventure sono state ambientate ovunque, dai boschi della Pennsylvania ai campi di battaglia della Guerra Civile, dalle meravigliose scuderie del Kentucky alle spiagge della California del sud. Negli anni della crescita ho anche avuto modo di viaggiare in Europa con la mia famiglia e rimasi affascinata dalla bellezza di Versailles, dalla verde Irlanda e dal fascino musicale dell'Italia. Scrissi il mio primo libro a quattordici anni, una storia alla Nancy Drew su una teenager che si reca a Parigi per risolvere un vecchio mistero dei tempi della Seconda Guerra Mondiale. Mi resi però subito conto che per scrivere avrei dovuto prima sperimentare la vita. Lavorai per un editore di libri di viaggi, per una rivista di computer, per la televisione e scrissi testi di non fiction. Scrivere è un mestiere, così come recitare. Prima devi studiare i tuoi personaggi, scoprire cosa li fa funzionare, imparare la loro parte. E solo a quel punto inizia la magia...

D: E il Giappone?
R: Ho scritto delle commedie, amo il teatro. A un certo punto feci un'audizione per la pubblicità giapponese di una cola, e poi di una marca di tofu. Nel frattempo ebbi l'opportunità di lavorare come “hostess” per una grande azienda nipponica nei pressi di Disneyland. Ingaggiavano ragazze che accompagnassero alle cene gli uomini d'affari giapponesi in visita negli Stati Uniti: fu un'esperienza unica. Era come essere una geisha americana.

D: Tutto ciò come ti ha cambiata?
R: Ho sempre avuto la passione per l'avventura, così il Giappone per me divenne un nuovo mondo da esplorare. Amavo gli impressionisti francesi e sapevo che i post espressionisti si erano ispirati ai “shunga”, i quadri erotici degli artisti giapponesi del diciannovesimo secolo, per produrre il loro stile evocativo. Così iniziai a studiare il Giappone con l'occhio dell'artista, per l'esattezza di una geisha, il culmine del compimento artistico.

D: Il romanzo rosa a sfondo erotico, al contrario del romanzo erotico tout cour, in questo momento sta vivendo un boom negli Stati Uniti. Questo successo ha addirittura colto di sorpresa alcuni editori. Quale credi che sia la ragione di tanta popolarità?
R: Ai tempi in cui scrivevo la  rubrica  Sweet Savage Byte per una rivista di computer, nessuno avrebbe mai detto che i romanzi erotici sarebbero stati disponibili con un clic del mouse. L'accesso a Internet e l'anonimato hanno reso possibile tutto ciò e hanno aperto alle donne il mondo della sessualità, fino a quel momento riservato agli uomini. Il sesso non è più il tabù che era una volta. Grazie a Sex and the City non è più uno scandalo se nello shopper  oltre a un paio di scarpe con i tacchi a spillo metti anche un vibratore.  Le donne vogliono avere la stessa libertà nello scegliere i libri da leggere.

D: Cosa trovano le donne in questi libri?
R: Libertà. Possiamo essere forti, indipendenti, orientate alla carriera, ma quando si parla di camera da letto siamo spesso ancora ancorate a vecchi concetti. Grazie alla popolarità della fiction erotica le donne hanno iniziato a parlare di sesso con i loro partner.

D: Quando hai deciso di iniziare a scrivere romanzi?
R: Dopo aver scritto sceneggiature televisive di azione/avventura per ragazzi  decisi di tornare al mio sogno di adolescente. A quel punto la base c'era, eppure scrivere  un romanzo è tutta un'altra storia...

D: Raccontaci com'è andata.
R: Iniziai con un paio di romanzi che parlavano di Parigi, arte, musica: tutti argomenti con i quali sarebbe meglio non cimentarsi. Inoltre nella mia scrittura traspariva una sensualità eccessiva, insomma avevo scelto la strada meno facile per arrivare alla pubblicazione. Eppure continuavo a scrivere e a inviare agli editori, scrivevo e inviavo... sì, è tutta una questione di perseveranza e di tempismo. Quando venni a sapere che Harlequin stava lanciando la serie SPICE (la nuova serie di romanzi sensuali), non potei fare a meno di mandare loro il mio libro. Era l'occasione di unire la mia prosa sexy con l'avventura.

D: Parlaci di come è nata l'idea di “Passioni di una geisha”.
R: L'idea nacque da un corso di kimono che avevo frequentato anni prima. Ero l'unica “gaijin” (straniera) iscritta e ricordo che ogni volta che indossavo un kimono mi chiedevo se sarei mai potuta essere una geisha. Avrei avuto la forza mentale, le doti artistiche e la disciplina necessarie per vivere la vita dei fiori e il mondo dei salici piangenti? Poi mi resi conto che dovevo, se volevo diventare scrittrice. Fu così che iniziò il viaggio...

D: Perché e come decidesti che dovevi scriverne?
R: “Passioni di una Geisha” è un romanzo di formazione che racconta di una ragazza che crede nelle favole popolate da geishe. Era la mia favola personale che si avverava.

D: E' stato difficile immedesimarti in una giovane americana nel Giappone del diciannovesimo secolo?
R: Rispondo raccontando una storia: Ho studiato l'arte del kimono con una “sensei” (maestra), in una scuola che realizza kimono a Kyoto. Come dicevo ero l'unica occidentale iscritta al corso; le altre erano tutte giovani giapponesi con le loro madri e un paio di artiste. Prima di ogni lezione sedevamo in cerchio chiacchierando e bevendo tè. Amavo quei momenti in cui si rideva tutte insieme (con il giapponese me la cavavo, e qualcuno parlava inglese). Dopo alcune esclamazioni estasiate alla vista dei kimono, la lezione iniziava. Il corso era strutturato come una lezione di ballo. L'arte del kimono è rappresentata come una cerimonia, come quella del tè, e prevede che si rispettino con precisione alcuni passaggi per ottenere l'effetto desiderato. Scordatevi spille da balia, cerniere o bottoni. Solo lunghe fasce di seta e una gran dimestichezza. Una sera, all'ora di chiusura, un uomo e una donna entrarono nel negozio facendo suonare il campanello. Erano turisti americani e non si erano accorti che il negozio era chiuso. L'insegnante e le altre mi guardarono come a dire: Sei americana, di' loro che siamo chiusi! Non riuscii ad aprire bocca. Ero talmente immersa nella “sorellanza” che avevo costruito con quelle donne da essere diventata parte del loro mondo. Proprio come accade a Kathlene, la protagonista del mio romanzo. Non dimenticherò mai quel momento. E' questo il sentimento che ho voluto trasmettere nel mio libro.

D: Che commenti ricevi dalle tue lettrici?
R: Sono eccitata all'idea che le mie lettrici abbiano scoperto il mondo mistico di una geisha. Il mio è un romanzo “e se...”. E se un ricco proprietario terriero giapponese mantenesse le vecchie usanze (assoldando guardie del corpo, retaggio dei samurai) e provasse sentimenti di vendetta verso uno straniero (gaijin) con una splendida figlia... “Naughty Paris”, il mio secondo romanzo, non è ancora uscito, ma chi l'ha letto assicura che è come la miglior cioccolata che tu abbia mai assaggiato (e la più decadente!)  Mi ha esaltata vedere l'entusiasmo mostrato dalla critica per il personaggio maschile (qualcuno l'ha definito BOLLENTE).

D: A cosa stai lavorando in questo momento? Un altro romanzo sensuale ambientato in un luogo esotico?
R: “Gemini Blonde”, la mia ultima opera, ha come protagonista un'agente del sesso, una donna che usa il proprio corpo come arma per combattere il terrorismo. E' ambientato a Zurigo, in Siria e, ovviamente, nella mia amata Parigi.

D: Sei solita partecipare a congressi per scrittori? E se sì, che esperienze ne trai?
R: Li adoro! Sono un'occasione unica per incontrare i lettori e capire cosa amano o odiano leggere, senza contare l'opportunità che offrono di incontrare professionisti del mondo editoriale e colleghi. Il lavoro di scrittura è per lo più solitario, non è come in teatro, dove alla fine puoi sentire gli applausi. Be', i congressi per scrittori sono il mio “teatro”.

D: Avrei ancora tante domande da farti, ma direi che per ora può bastare a placare il nostro appetito...
R: Grazie!

 
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